lunedì 16 settembre 2013

Zio Paperone torna in HD!

Dalla parte del lettore si è portati a pensare che il lavoro del redattore videoludico sia un sogno tutto rose e fiori: una passione che paga le bollette, prove esclusive di videogiochi ancora inaccessibili alle masse, dei party esclusivi con standiste/cosplayer infilate in ocstumi micronici e così via. E invece no. Al di là di questi radi sollievi, la vita di chi scrive di giochi e console è spesso costellata di compiti ardui, decisioni impopolari o comunque complesse, valutazioni che necessariamente finiranno per scontentare qualcuno. Prendiamo un esempio – a caso, naturalmente! - per corroborare le nostre affermazioni: Ducktales Remastered.
Il gioco originale non rappresenta uno dei capolavori indiscussi della storia videoludica, si tratta piuttosto di una piccola gemma lanciata su Nintendo NES nel 1989 che ha conservato nel tempo una nicchia di devoti estimatori, nonostante la sua fama sia stata oscurata da altri platform con cui si ritrovava inevitabilmente in competizione al tempo. E se a questo punto state pensando a un idraulico baffuto avete colto nel segno. Quanto pesa in questi casi l'effetto nostalgia? Una riedizione fedele all'originale è da premiare per la fedeltà o da punire per la pigrizia? Le modifiche al gameplay sono aggiunte che rinfrescano o empi abusi di potere? E le meccaniche che funzionavano così bene venti anni fa, oggi sono ancora da lodare?
Il parlato del gioco è tutto in inglese, doppiato dagli attori del cartoon, ma la nostra versione arriva con degli ottimi sottotitoli in italiano. - Ducktales Remastered
Il parlato del gioco è tutto in inglese, doppiato dagli attori del cartoon, ma la nostra versione arriva con degli ottimi sottotitoli in italiano.

UN QUACK ALLA VOLTA

Le risposte a questi quesiti esistenziali arriveranno tra non molto, prima però è il caso di descrivere meglio Ducktales per tutti coloro che nel lontano 1989 non avessero avuto modo di provarlo per qualunque motivo. Si tratta di un platform che vede protagonista Paperon de' Paperoni, basato sulle avventure che il papero più ricco del mondo viveva in una fantastica serie animata – intitolata appunto Ducktale, in italiano Storie di paperi – insieme a un cast di comprimari che spaziava dai suoi nipotini Qui, Quo e Qua a personaggi nuovi di zecca come Fenton, aiutante dello zio nonché identità civile di Robopap. Le ricerche di misteriosi e preziosissimi tesori che vedevano coinvolti l'avido pennuto e gli sventurati al suo fianco conferivano un animo globetrotter alla serie, i cui diversi episodi si svolgevano spesso nei luoghi più esotici e remoti tra quelli disponibili nell'universo dei paperi. Allo stesso modo, il videogioco originale proponeva cinque diversi livelli liberamente selezionabili ambientati in Amazonia, Transilvania, Himalaya, nonché le miniere africane e addirittura la Luna.
In un'epoca in cui il platform spopolava, per entrare nel cuore dei giocatori ci voleva ben altro, oltre a un personaggio universalmente riconoscibile e luoghi fantastici e colorati da esplorare, tutti dettagli che a ogni modo hanno fatto la loro parte nel successo di Ducktales. Il cuore pulsante dell'esperienza era costituito dal bastone di Zio Paperone che poteva essere utilizzato come un pogo per spiccare salti più alti, abbattere i nemici e superare zone su cui non era possibile appoggiare le ghette senza ferirsi. Rimbalzando di qua e di là dunque il gioco poteva accelerare e toccare velocità che i platform allora non osavano raggiungere, spingendo il giocatore a esplorare ogni anfratto di ciascun livello per raccogliere quanti più diamanti – alzando così il punteggio – e scovare i diversi oggetti che consentivano l'accesso alla zona del boss.
Per quanto stupidi, questi grossi scimmioni sapranno rendere chiaro fin da subito quale destino vi attende qualora abbiate dimenticato la precisione richiesta dai platform old school. - Ducktales Remastered
Per quanto stupidi, questi grossi scimmioni sapranno rendere chiaro fin da subito quale destino vi attende qualora abbiate dimenticato la precisione richiesta dai platform old school.

PAPERI IN REVISIONE

Come quel Remastered nel titolo suggerisce, la versione odierna di Ducktales non è solo una semplice riproposizione pedissequa del gioco di allora, ma una riedizione aggiornata e – almeno nelle intenzioni – migliorata. La principale differenza si vede letteralmente a colpo d'occhio: la grafica 8-bit è stata rifatta quasi da zero, con sprite bidimensionali in HD che si muovo davanti a degli sfondi tridimensionali. Sul televisore di casa il risultato finale non è esattamente un piacere da guardare: questa soluzione ibrida appare poco coesa e se da un lato i personaggi sono disegnati ottimamente, rispettando fedelmente lo stile del cartoon, nemici inclusi, e possono contare su ottime animazioni, gli sfondi d'altro canto risultano un po' troppo spogli e spenti, stridendo appunto con la vivace azioni in primo piano. Giocando però sullo schermo del Gamepad di Wii U, grazie anche alla risoluzione decisamente inferiore, il risultato appaga maggiormente la vista, a patto tuttavia di non concentrarsi troppo sui pixel delle figure in 2D fin troppo distinguibili.
Sempre parlando di aggiunte, ai cinque livelli originali ne sono stati aggiunti altri due: il primo è una sorta di tutorial ambientato nel deposito di Paperone, l'altro è uno stage finale di cui non riveliamo l'ambientazione per non rovinare la sorpresa. Inoltre, e questo è un dettaglio che ci ha colpito davvero molto positivamente, sono stati creati anche delle breve scenette che fungono da preludio a ciascun livello, utili per colmare dei passaggi logici mancanti, come il motivo per cui Paperone respira tranquillamente sulla Luna, ma anche per legare le vicende videoludiche a quelle televisive del cartone. Un orpello di cui molti giocatori moderni non si saranno nemmeno accorti con ogni probabilità, eppure per chi ha giocato la versione originale questa aggiunta potrebbe rappresentare di per sé un motivo per lanciarsi nuovamente nel mondo di Ducktales, alla ricerca di quella storia ideata già nel 1989, ma esclusa dalla cartuccia per motivi di spazio.
Le scene che aprono i diversi livelli rappresentano una piacevole aggiunta e contribuiscono a fornire una base narrativa di cui si avvertiva la mancanza nell'originale.   - Ducktales Remastered
Le scene che aprono i diversi livelli rappresentano una piacevole aggiunta e contribuiscono a fornire una base narrativa di cui si avvertiva la mancanza nell'originale.
Arrivando infine al gameplay, la principale innovazione della versione moderna è la possibilità di optare per una versione facilitata del salto col pogo, eseguibile semplicemente con la pressione di un tasto dopo aver fatto spiccare un balzo a Paperone, escludendo dunque la contemporanea pressione della freccia rivolta verso il basso del D-Pad. Da quanto emerso dalla nostra prova eseguita su Wii U, si è trattato di una scelta sostanzialmente obbligata poiché la combinazione originale ci è sembrata quasi impossibile da riprodurre sul Gamepad anche in momenti di assoluta tranquillità. La difficoltà connaturata ai platform di quel periodo è rimasta invece immutata e l'unica facilitazione introdotta a favore del giocatore è una mini-mappa nel menu di pausa su cui è indicata la posizione degli oggetti che è necessario recuperare in ciascun livello, mentre l'aggiunta di nuovi pattern offensivi negli scontri coi boss assottiglia ulteriormente le speranze di vedere almeno uno dei finali del gioco a tutti coloro che lungo il percorso della vita si sono fatalmente assuefatti all'evoluzione del videogioco da competizione elettronica tra uomo e macchina a un lungo tutorial che abbonda di indicazioni.

LA DIFFICOLTà DI ESSERE PAPERONE

Inquadrare la difficoltà di Ducktales è probabilmente il punto fondamentale per capirlo, e dunque stabilire se si tratti di un gioco a cui si possa essere disposti a concedere delle fette del proprio preziosissimo tempo. Per capirci, l'approccio necessario è certamente molto diverso dai platform moderni, a eccezione forse del recente New Super Luigi U. I nemici non vi cercano e non dispongono di alcun tipo di IA, entrano in scena e si muovono secondo movimenti prestabiliti, mentre al giocatore spetta il compito di muoversi evitandoli calcolando il tempo al millesimo, dopo aver probabilmente ripetuto più volte ciascuno schema imparando la disposizione di ostacoli e piattaforme. Non c'è una curva di apprendimento né livelli introduttivi utili per acclimatarsi (al di là forse del nuovo stage introduttivo), prova ne sia il fatto che ciascuno scenario è liberamente selezionabile sin dall'inizio: lanciatevi in Amazzonia mentre leggete gli ultimi colpi di mercato sul tablet, o dividendo la vostra attenzione con qualunque altra attivata come ormai siete abituati a fare mentre giocate, e vi ritroverete al game over prima ancora di aver riconosciuto le note introduttive del famosissimo theme del gioco.
Il nuovo design dei personaggi si è preso qualche libertà – la giubba di Paperone era rossa, ad esempio – ma appare comunque azzeccato e in linea con lo stile della serie animata.   - Ducktales Remastered
Il nuovo design dei personaggi si è preso qualche libertà – la giubba di Paperone era rossa, ad esempio – ma appare comunque azzeccato e in linea con lo stile della serie animata.
Non che sia un gioco difficile di per sé, per chi ha già giocato l'originale o mangia pane e platform saranno sufficienti un paio d'ore per portare a termine l'intera avventura anche a hard, per poi affacciarsi sul baratro della follia affrontando i cinque livelli a difficoltà extreme senza poter ricorrere ad alcun continue dopo un game over. Per tutti gli altri c'è un livello di difficoltà facile da considerare come obbligatorio in partenza e quello normale che rappresenterà invece l'orizzonte massimo a cui ambire, rassegnandosi a morire spesso appena si abbassa il livello di concentrazione. Purtroppo in questo caso il gioco rischia di venire a noia abbastanza presto, ben prima di aver raccolto tutti i crediti necessari a sbloccare i diversi contenuti bonus tra cui spicca il pacchetto musiche in 8-bit, che include tutti i brani originali più alcuni inediti.
In fondo, come sempre, è una pura e semplice questione di aspettative. Ducktales Remastered offre un tuffo nella nostalgia a poco prezzo, a prescindere da ciò che intendete ricercare nei ricordi: un livello di sfida ormai obsoleto, un comparto musicale da urlo o un'atmosfera che la stessa Disney ha dimenticato nelle produzioni più moderne. D'altra parte, rimodellare un gameplay così preciso per adattarlo alla pigrizia del giocatore odierno sarebbe stata un'operazione insensata. Se 20 anni tarare verso l'alto la difficoltà serviva per garantire longevità ai giochi, in un periodo in cui l'utente medio aveva poco più di 10 anni e non poteva certo permettersi la mole di acquisti a cui è abituato oggi il videogamer adulto, d'altro canto oggi che imperversa l'omologazione una voce fuori dal coro che riproponga un'esperienza alternativa a quella a cui ci hanno abituato i platform può certamente trovare una sua nicchia.

Guardians of Middle-earth

C'è stato il tempo degli MMORPG, un tempo in cui molte case di produzione del settore videoludico si sono gettate sul genere dopo il tripudio di World of Warcraft. Subito dopo è successo di tutto: il vento è cambiato, gli addetti ai lavori si sono resi conto che la concorrenza non era possibile in un genere in cui la qualità è un requisito assolutamente necessario. È in questo background che è nata la moda dei MOBA, acronimo di Multiplayer Online Battle Arena, rispetto agli MMORPG diversi e uguali allo stesso tempo, capaci senza impegno di trascinare il giocatore in una dimensione di sfida dalla quale difficilmente si può uscire. Ma in questo settore, nonostante la concorrenza varia e vasta, sono ormai diventati dei capisaldi imprescindibili due titoli: League of Legends e Dota2, il primo targato Riot, il secondo a opera di Valve.
Dopo l'esplosione di League of Legends, infatti, solo quel capolavoro di Valve è riuscito a scalzare il re dal suo trono, nonostante tutto questo sia ancora materia di dibattito. Visto il successo ottenuto dai due titoli, Warner Bros., a cui non piace certo rimanere con le mani in mano, ha pensato di tuffarsi nel settore con grande attenzione e uno studio pianificato: dapprima hanno fatto la loro comparsa con il brand tolkeniano nel mondo MOBA console, quindi hanno deciso di compiere il grande salto e arrivare sugli schermi dei PC con un'importante base di partenza. Sono caduti o sono riusciti ad appigliarsi al podio dei vincitori? Non ci resta che scoprirlo insieme.
Un elemento da tenere sempre a mente è che per applicare le abilità più devastanti è spesso necessario buttarsi nella mischia. - Guardians of Middle-earth
Un elemento da tenere sempre a mente è che per applicare le abilità più devastanti è spesso necessario buttarsi nella mischia.

Furbizia... è mezza bellezza

Warner si è affidata a Monolith per portare la licenza del Signore degli Anelli dapprima su console, sebbene la conversione su PC sia a opera dei Zombie Studios, che hanno seguito con grande scrupolo il progetto originale, la cui prima regola è stata non rompere le uova nel paniere alle realtà di primo ordine. Battersi con LoL e Dota2 sul loro campo sarebbe stato probabilmente un suicidio in termini di marketing, motivo per cui Monolith, su richiesta di Warner Bros., ha puntato sull'innovazione, cercando così di spostare la sfida su un campo più neutro. Innanzitutto si sono rivolti a un pubblico meno hardcore e più casual, aprendo a tutti gli utenti meno esperti che in un server di LoL o Dota esploderebbero in qualche secondo. Un altro piacevole elemento innovativo è rappresentato dai Guardiani, ovvero i celeberrimi protagonisti del Signore degli Anelli con tanto di citazioni tratte dai film. Lanciati nella mischia tra le due squadre, ognuna composte da cinque persone, i giocatori dovranno sfruttare i Guardiani per guidare le proprie forze e conquistare gli avamposti nemici. Sconfiggere Guardiani, fazioni e fortezze nemiche si traduce in punti esperienza necessari per aumentare di livello e guadagnare nuove, devastanti abilità. Il giocatore potrà dunque seguire tante vie di personalizzazioni individuali con le quali rendere unici i personaggi nati dalla penna di Tolkien.
Ci sono altre grandi differenze in questo titolo, ma non sempre si può parlare di furbizia: chiunque noterà fin dai primi momenti l'assenza di un negozio interno per acquistare oggetti e poteri. Pur essendo un elemento di grande differenziazione rispetto agli altri MOBA, questa novità è più un'arma a doppio taglio, perché se è vero che all'inizio del gioco vengono conferiti ai Guardiani poteri e rune che il giocatore può scegliere, è pur vero che gran parte della customizzazione degli eroi va a farsi benedire. Ma c'è dell'altro: l'assenza dello store interno ha come diretta conseguenza l'eliminazione di una serie di pratiche che hanno resi famosi i MOBA come il jungling – uccidere i mostri nascosti nelle zone più impervie delle mappe. Com'è ovvio tutte queste differenze viaggiano sulla scia di una semplificazione, che in altri termini si traduce in una differenza di target, intenzione primaria della software house e prima di loro dei produttori.
Spesso è necessario dare una spinta alle truppe per incoraggiarle. Ma qui non siamo nei film, quindi dovete usare le abilità per farlo. - Guardians of Middle-earth
Spesso è necessario dare una spinta alle truppe per incoraggiarle. Ma qui non siamo nei film, quindi dovete usare le abilità per farlo.

A chi serve il mana?

Salutate il mana. In Guardians of Middle Earth il mana è stato sostituito da semplici e classici countdown, in maniera tale da consentire l'uso delle abilità in maniera più devastante, elemento bilanciato da una barra della vita piuttosto generosa. Non sempre però è facile destreggiarsi in queste nuove modalità, soprattutto perché il bilanciamento dei vari Guardiani non è così equilibrato e molto spesso la partita non può far altro che volgere a favore di chi, di fatto, sceglie il Guardiani con i poteri più devastanti. Un altro elemento molto importante di Guardians of Middle Earth è inoltre la possibilità, a un certo livello, di disseminare di torrette di guardia le mappe, manovra che si può eseguire semplicemente portando avanti il vostro Guardiano. Si tratta di oasi fondamentali che è importante posizionare in locazioni strategiche per sfruttarle come punti d'attacco o come vere e proprie stazioni di cura.
Parlando dei Guardiani, è d'obbligo specificare che si tratta di riproduzioni piuttosto fedeli, con poteri che seguono di pari passo, attraverso i 14 livelli, quelli presenti nei libri. Divisi in 5 categorie che ne definiscono le caratteristiche salienti – incantatori, generali, etc. - i Guardiani sono il punto focale del titolo, forti di una schiera di 50 personaggi, più molti altri che verranno distribuiti tramite DLC nel corso del tempo.
Gli effetti delle abilità sono spesso piacevoli, anche se per la versione PC ci aspettavamo qualcosa di più.   - Guardians of Middle-earth
Gli effetti delle abilità sono spesso piacevoli, anche se per la versione PC ci aspettavamo qualcosa di più.

Tutti in the box

Il gioco apre i battenti con una grande offerta: chiunque abbia acquistato il gioco su console può riscattare il codice per PC, in maniera tale da affollare i server. Si tratta di un'altra manovra intelligente di Warner, una trovata che riempie i server nonostante tutto. Ma tutto questo non basta. Ci avrebbe fatto maggiormente piacere un impegno più evidente nel bilanciamento del titolo, elemento fondamentale per ogni multiplayer (in particolare per PC), un'interfaccia dedicata e adeguata ai nuovi comandi, doppiaggi e traduzioni migliori, qualche miglioria rispetto alla versione console. Ci saremmo aspettati, insomma, una conversione più specifica, che invece non c'è stata. A riprova di queste teorie, infatti, sta la predisposizione del titolo all'uso del joypad: tutti gli attacchi, inclusi quelli di base, devono essere indirizzati, oltre che caricati, cosa che se con il controller risulta facile, con la tastiera e il mouse lo è molto meno.

One Piece Pirate Warriors 2

Dopo il notevole successo riscosso sul finire degli anni ’90 dalla serie a fumetti e dalla versione animata di One Piece, l’inizio del nuovo millennio ha segnato l’approdo della ciurma capitanata da Cappello di Paglia nel mondo dei videogiochi, con un GDR distribuito esclusivamente in Giappone per Wonderswan. Da allora sono trascorsi tredici anni, e la saga creata da Eiichiro Oda si è mossa da un sistema all’altro dando vita a oltre una ventina di titoli distribuiti a singhiozzo anche sul mercato europeo. Non sempre (anzi, praticamente mai) si è trattato di capolavori, ma spesso ci siamo trovati di fronte a giochi capaci di catturare in maniera adeguata lo spirito dell’originale. Sarà lo stesso anche con One Piece: Pirate Warriors 2?

MUSOU A MUSOU

Per descrivere One Piece: Pirate Warriors 2 sarebbe sufficiente dare fiato alle nostre corde vocali e far uscire dalla nostra bocca cinque lettere: m-u-s-o-u. Al solo proferire di questa parola chi ha dimestichezza con questo sottogenere di giochi saprà benissimo a cosa andrà incontro senza la necessità di particolari aggiunte o di spiegazioni più approfondite, e potrà già avere una vaga idea di quali siano i pregi e i difetti che caratterizzano il nuovo titolo dedicato alle avventure dei pirati creati da Eiichiro Oda.
Per chi invece non conosce questo termine di origine nipponica, ecco un breve riassunto: i “musou” sono una categoria particolare di giochi d’azione portata al successo da Tecmo Koei, la cui struttura è incentrata su sequenze interminabili di combattimenti con decine (centinaia) di nemici che solitamente precedono lo scontro con un boss di fine livello. I musou adottano meccaniche semplici, con un sistema di controllo che si limita a pochissimi comandi che permettono di gestire sia gli attacchi base che le mosse avanzate; i combattimenti si sviluppano mantenendo sempre un ritmo elevato, ma hanno il grande difetto di non richiedere particolari tecnicismi, con alcuni momenti estremamente caotici in cui l’unica ancora di salvezza è la pressione forsennata dei tasti d’attacco. La successione di eventi “massacro i nemici/massacro il boss” si ripete incessantemente per tutta la durata dell’avventura senza che siano presenti variazioni di sorta, con una gestione dell’evoluzione del personaggio che solitamente permette di sbloccare nuove tecniche e/o oggetti.
L'eliminazione dei nemici e il recupero del cibo presente nelle casse sparse nell'area i gioco permette di riempire una barra energetica che attiva una mossa speciale e consente di richiedere l'intervento di un alleato - One Piece Pirate Warriors 2
L'eliminazione dei nemici e il recupero del cibo presente nelle casse sparse nell'area i gioco permette di riempire una barra energetica che attiva una mossa speciale e consente di richiedere l'intervento di un alleato

A MUSOU DURO

Mentre i musou più popolari, siano essi nuovi capitoli della saga di Dynasty Warriors piuttosto che giochi tratti da famosi manga (Ken il guerriero oppure Gundam, ad esempio), non si erano mai discostati in maniera rilevante da questa formula, qualcosa di leggermente diverso è accaduto l’anno scorso con One Piece: Pirate Warriors; il titolo ispirato alle avventure di Cappello di Paglia e della sua ciurma presentava infatti alcune modifiche potenzialmente interessanti (sezioni incentrate su Quick-Time Event nonché una maggiore rilevanza della componente platform), rese meno efficaci da una realizzazione globale non propriamente impeccabile. Anche per questo motivo l’uscita di Pirate Warriors 2 era accompagnata da un pizzico di curiosità e dalla speranza di vedere qualche ulteriore innovazione capace di rendere più intrigante e vario un genere altrimenti eccessivamente limitato.
Le nostre speranze sono svanite nel breve volgere di pochi minuti, dato che One Piece: Pirate Warriors 2 ha mostrato sin dalle prime fasi di combattimento un ritorno alle origini e un abbandono di tutte le modifiche sopracitate a vantaggio di una struttura di gioco in linea con i canoni più classici del genere. Inutile girarci intorno più di tanto, Pirate Warriors 2 è un musou al 100%, senza alcuna concessione di sorta. Accompagnati da un comparto visivo tutto sommato apprezzabile, pur con qualche sbavatura e qualche elemento che poteva essere più curato (nei dialoghi degli intermezzi i protagonisti sono fin troppo statici), ci siamo quindi lanciati nel vivo dell’azione ben consapevoli di quello che ci avrebbe atteso. Abbiamo combattuto diverse ore sbloccando numerosi componenti della ciurma, raccolto decine di monete differenti (utilizzate in una sorta di cartelle del bingo per sbloccare abilità speciali), affrontato le varie missioni in compagnia di diversi personaggi, speso il denaro guadagnato con il sudore della fronte (e con il mulinare dei pugni) per acquistare extra di varia natura, aiutato altri giocatori in difficoltà (un’apposita opzione permette di richiedere l’intervento di altri “pirati” online in caso di problemi a superare una missione) e lottato al fianco di altri prodi avventurieri senza che lo scorrere del tempo e l’evoluzione dei nostri eroi scalfissero in alcuni modo le granitiche basi del musou.
Il cast a disposizione si amplia con il progredire della storia e comprende tutti i personaggi più importanti (e popolari) della serie originale - One Piece Pirate Warriors 2
Il cast a disposizione si amplia con il progredire della storia e comprende tutti i personaggi più importanti (e popolari) della serie originale

SBATTERE IL MUSOU

Se la prevedibilità della struttura di gioco è sicuramente uno dei principali limiti di One Piece: Pirate Warriors 2, le scelte operate nel comparto narrativo sono leggermente più originali. L’avventura vissuta dai nostri eroi segue infatti una trama creata appositamente per il videogioco e non ripropone eventi o situazioni narrate nel manga o nell’anime. Forse anche per merito di questa decisione, riuscire a seguire lo scorrere degli eventi non è particolarmente complicato anche per un giocatore “ignorante in materia”; pur con un flusso costante di personaggi stravaganti, il dipanarsi della trama non è mai eccessivamente caotico e i riferimenti a situazioni passate non ricoprono mai un ruolo tale da inficiare la comprensione di ciò che sta accadendo per un neofita della serie. La trama, nella sua semplicità, è tutto sommato godibile e l’approvazione da parte di Eiichiro Oda in persona dovrebbe tranquillizzare anche gli appassionati più intransigenti, spesso recalcitranti ad accettare una storia creata dal nulla e che non rientra nella “cronologia ufficiale” della saga.
Sono proprio i fan della serie e dei musou, come era peraltro facilmente prevedibile, il target primario (o sarebbe quasi il caso di dire unico) a cui si rivolge One Piece: Pirate Warriors 2. Il nuovo titolo targato Tecmo Koei ha infatti tutte le carte in regola per soddisfare queste due categorie di giocatori grazie a una considerevole mole di contenuti e a una struttura di gioco in linea con quanto visto in altre produzioni del genere. Chi appartiene a queste categorie può tranquillamente aggiungere una stellina alla valutazione finale e correre nei negozi, mentre chi non apprezza particolarmente il manga/anime originale o questa tipologia di titoli può altrettanto tranquillamente investire i propri sudati risparmi in qualcosa di differente.