Dalla parte del lettore si è portati a pensare che il lavoro del
redattore videoludico sia un sogno tutto rose e fiori: una passione che
paga le bollette, prove esclusive di videogiochi ancora inaccessibili
alle masse, dei party esclusivi con standiste/cosplayer infilate in
ocstumi micronici e così via. E invece no. Al di là di questi radi
sollievi, la vita di chi scrive di giochi e console è spesso costellata
di compiti ardui, decisioni impopolari o comunque complesse, valutazioni
che necessariamente finiranno per scontentare qualcuno. Prendiamo un
esempio – a caso, naturalmente! - per corroborare le nostre
affermazioni: Ducktales Remastered.
Il gioco originale non rappresenta uno dei capolavori indiscussi della storia videoludica, si tratta piuttosto di una piccola gemma lanciata su Nintendo NES nel 1989 che ha conservato nel tempo una nicchia di devoti estimatori, nonostante la sua fama sia stata oscurata da altri platform con cui si ritrovava inevitabilmente in competizione al tempo. E se a questo punto state pensando a un idraulico baffuto avete colto nel segno. Quanto pesa in questi casi l'effetto nostalgia? Una riedizione fedele all'originale è da premiare per la fedeltà o da punire per la pigrizia? Le modifiche al gameplay sono aggiunte che rinfrescano o empi abusi di potere? E le meccaniche che funzionavano così bene venti anni fa, oggi sono ancora da lodare?
In un'epoca in cui il platform spopolava, per entrare nel cuore dei giocatori ci voleva ben altro, oltre a un personaggio universalmente riconoscibile e luoghi fantastici e colorati da esplorare, tutti dettagli che a ogni modo hanno fatto la loro parte nel successo di Ducktales. Il cuore pulsante dell'esperienza era costituito dal bastone di Zio Paperone che poteva essere utilizzato come un pogo per spiccare salti più alti, abbattere i nemici e superare zone su cui non era possibile appoggiare le ghette senza ferirsi. Rimbalzando di qua e di là dunque il gioco poteva accelerare e toccare velocità che i platform allora non osavano raggiungere, spingendo il giocatore a esplorare ogni anfratto di ciascun livello per raccogliere quanti più diamanti – alzando così il punteggio – e scovare i diversi oggetti che consentivano l'accesso alla zona del boss.
Sempre parlando di aggiunte, ai cinque livelli originali ne sono stati aggiunti altri due: il primo è una sorta di tutorial ambientato nel deposito di Paperone, l'altro è uno stage finale di cui non riveliamo l'ambientazione per non rovinare la sorpresa. Inoltre, e questo è un dettaglio che ci ha colpito davvero molto positivamente, sono stati creati anche delle breve scenette che fungono da preludio a ciascun livello, utili per colmare dei passaggi logici mancanti, come il motivo per cui Paperone respira tranquillamente sulla Luna, ma anche per legare le vicende videoludiche a quelle televisive del cartone. Un orpello di cui molti giocatori moderni non si saranno nemmeno accorti con ogni probabilità, eppure per chi ha giocato la versione originale questa aggiunta potrebbe rappresentare di per sé un motivo per lanciarsi nuovamente nel mondo di Ducktales, alla ricerca di quella storia ideata già nel 1989, ma esclusa dalla cartuccia per motivi di spazio.
Arrivando infine al gameplay, la principale innovazione della
versione moderna è la possibilità di optare per una versione facilitata
del salto col pogo, eseguibile semplicemente con la pressione di un
tasto dopo aver fatto spiccare un balzo a Paperone, escludendo dunque la
contemporanea pressione della freccia rivolta verso il basso del D-Pad.
Da quanto emerso dalla nostra prova eseguita su Wii U, si è trattato di
una scelta sostanzialmente obbligata poiché la combinazione originale
ci è sembrata quasi impossibile da riprodurre sul Gamepad anche in
momenti di assoluta tranquillità. La difficoltà connaturata ai platform
di quel periodo è rimasta invece immutata e l'unica facilitazione
introdotta a favore del giocatore è una mini-mappa nel menu di pausa su
cui è indicata la posizione degli oggetti che è necessario recuperare in
ciascun livello, mentre l'aggiunta di nuovi pattern offensivi negli
scontri coi boss assottiglia ulteriormente le speranze di vedere almeno
uno dei finali del gioco a tutti coloro che lungo il percorso della vita
si sono fatalmente assuefatti all'evoluzione del videogioco da
competizione elettronica tra uomo e macchina a un lungo tutorial che
abbonda di indicazioni.
Non che sia un gioco difficile di per sé, per chi ha già giocato
l'originale o mangia pane e platform saranno sufficienti un paio d'ore
per portare a termine l'intera avventura anche a hard, per poi
affacciarsi sul baratro della follia affrontando i cinque livelli a
difficoltà extreme senza poter ricorrere ad alcun continue dopo un game
over. Per tutti gli altri c'è un livello di difficoltà facile da
considerare come obbligatorio in partenza e quello normale che
rappresenterà invece l'orizzonte massimo a cui ambire, rassegnandosi a
morire spesso appena si abbassa il livello di concentrazione. Purtroppo
in questo caso il gioco rischia di venire a noia abbastanza presto, ben
prima di aver raccolto tutti i crediti necessari a sbloccare i diversi
contenuti bonus tra cui spicca il pacchetto musiche in 8-bit, che
include tutti i brani originali più alcuni inediti.
In fondo, come sempre, è una pura e semplice questione di aspettative. Ducktales Remastered offre un tuffo nella nostalgia a poco prezzo, a prescindere da ciò che intendete ricercare nei ricordi: un livello di sfida ormai obsoleto, un comparto musicale da urlo o un'atmosfera che la stessa Disney ha dimenticato nelle produzioni più moderne. D'altra parte, rimodellare un gameplay così preciso per adattarlo alla pigrizia del giocatore odierno sarebbe stata un'operazione insensata. Se 20 anni tarare verso l'alto la difficoltà serviva per garantire longevità ai giochi, in un periodo in cui l'utente medio aveva poco più di 10 anni e non poteva certo permettersi la mole di acquisti a cui è abituato oggi il videogamer adulto, d'altro canto oggi che imperversa l'omologazione una voce fuori dal coro che riproponga un'esperienza alternativa a quella a cui ci hanno abituato i platform può certamente trovare una sua nicchia.
Il gioco originale non rappresenta uno dei capolavori indiscussi della storia videoludica, si tratta piuttosto di una piccola gemma lanciata su Nintendo NES nel 1989 che ha conservato nel tempo una nicchia di devoti estimatori, nonostante la sua fama sia stata oscurata da altri platform con cui si ritrovava inevitabilmente in competizione al tempo. E se a questo punto state pensando a un idraulico baffuto avete colto nel segno. Quanto pesa in questi casi l'effetto nostalgia? Una riedizione fedele all'originale è da premiare per la fedeltà o da punire per la pigrizia? Le modifiche al gameplay sono aggiunte che rinfrescano o empi abusi di potere? E le meccaniche che funzionavano così bene venti anni fa, oggi sono ancora da lodare?
UN QUACK ALLA VOLTA
Le risposte a questi quesiti esistenziali arriveranno tra non molto, prima però è il caso di descrivere meglio Ducktales per tutti coloro che nel lontano 1989 non avessero avuto modo di provarlo per qualunque motivo. Si tratta di un platform che vede protagonista Paperon de' Paperoni, basato sulle avventure che il papero più ricco del mondo viveva in una fantastica serie animata – intitolata appunto Ducktale, in italiano Storie di paperi – insieme a un cast di comprimari che spaziava dai suoi nipotini Qui, Quo e Qua a personaggi nuovi di zecca come Fenton, aiutante dello zio nonché identità civile di Robopap. Le ricerche di misteriosi e preziosissimi tesori che vedevano coinvolti l'avido pennuto e gli sventurati al suo fianco conferivano un animo globetrotter alla serie, i cui diversi episodi si svolgevano spesso nei luoghi più esotici e remoti tra quelli disponibili nell'universo dei paperi. Allo stesso modo, il videogioco originale proponeva cinque diversi livelli liberamente selezionabili ambientati in Amazonia, Transilvania, Himalaya, nonché le miniere africane e addirittura la Luna.In un'epoca in cui il platform spopolava, per entrare nel cuore dei giocatori ci voleva ben altro, oltre a un personaggio universalmente riconoscibile e luoghi fantastici e colorati da esplorare, tutti dettagli che a ogni modo hanno fatto la loro parte nel successo di Ducktales. Il cuore pulsante dell'esperienza era costituito dal bastone di Zio Paperone che poteva essere utilizzato come un pogo per spiccare salti più alti, abbattere i nemici e superare zone su cui non era possibile appoggiare le ghette senza ferirsi. Rimbalzando di qua e di là dunque il gioco poteva accelerare e toccare velocità che i platform allora non osavano raggiungere, spingendo il giocatore a esplorare ogni anfratto di ciascun livello per raccogliere quanti più diamanti – alzando così il punteggio – e scovare i diversi oggetti che consentivano l'accesso alla zona del boss.
PAPERI IN REVISIONE
Come quel Remastered nel titolo suggerisce, la versione odierna di Ducktales non è solo una semplice riproposizione pedissequa del gioco di allora, ma una riedizione aggiornata e – almeno nelle intenzioni – migliorata. La principale differenza si vede letteralmente a colpo d'occhio: la grafica 8-bit è stata rifatta quasi da zero, con sprite bidimensionali in HD che si muovo davanti a degli sfondi tridimensionali. Sul televisore di casa il risultato finale non è esattamente un piacere da guardare: questa soluzione ibrida appare poco coesa e se da un lato i personaggi sono disegnati ottimamente, rispettando fedelmente lo stile del cartoon, nemici inclusi, e possono contare su ottime animazioni, gli sfondi d'altro canto risultano un po' troppo spogli e spenti, stridendo appunto con la vivace azioni in primo piano. Giocando però sullo schermo del Gamepad di Wii U, grazie anche alla risoluzione decisamente inferiore, il risultato appaga maggiormente la vista, a patto tuttavia di non concentrarsi troppo sui pixel delle figure in 2D fin troppo distinguibili.Sempre parlando di aggiunte, ai cinque livelli originali ne sono stati aggiunti altri due: il primo è una sorta di tutorial ambientato nel deposito di Paperone, l'altro è uno stage finale di cui non riveliamo l'ambientazione per non rovinare la sorpresa. Inoltre, e questo è un dettaglio che ci ha colpito davvero molto positivamente, sono stati creati anche delle breve scenette che fungono da preludio a ciascun livello, utili per colmare dei passaggi logici mancanti, come il motivo per cui Paperone respira tranquillamente sulla Luna, ma anche per legare le vicende videoludiche a quelle televisive del cartone. Un orpello di cui molti giocatori moderni non si saranno nemmeno accorti con ogni probabilità, eppure per chi ha giocato la versione originale questa aggiunta potrebbe rappresentare di per sé un motivo per lanciarsi nuovamente nel mondo di Ducktales, alla ricerca di quella storia ideata già nel 1989, ma esclusa dalla cartuccia per motivi di spazio.
LA DIFFICOLTà DI ESSERE PAPERONE
Inquadrare la difficoltà di Ducktales è probabilmente il punto fondamentale per capirlo, e dunque stabilire se si tratti di un gioco a cui si possa essere disposti a concedere delle fette del proprio preziosissimo tempo. Per capirci, l'approccio necessario è certamente molto diverso dai platform moderni, a eccezione forse del recente New Super Luigi U. I nemici non vi cercano e non dispongono di alcun tipo di IA, entrano in scena e si muovono secondo movimenti prestabiliti, mentre al giocatore spetta il compito di muoversi evitandoli calcolando il tempo al millesimo, dopo aver probabilmente ripetuto più volte ciascuno schema imparando la disposizione di ostacoli e piattaforme. Non c'è una curva di apprendimento né livelli introduttivi utili per acclimatarsi (al di là forse del nuovo stage introduttivo), prova ne sia il fatto che ciascuno scenario è liberamente selezionabile sin dall'inizio: lanciatevi in Amazzonia mentre leggete gli ultimi colpi di mercato sul tablet, o dividendo la vostra attenzione con qualunque altra attivata come ormai siete abituati a fare mentre giocate, e vi ritroverete al game over prima ancora di aver riconosciuto le note introduttive del famosissimo theme del gioco.In fondo, come sempre, è una pura e semplice questione di aspettative. Ducktales Remastered offre un tuffo nella nostalgia a poco prezzo, a prescindere da ciò che intendete ricercare nei ricordi: un livello di sfida ormai obsoleto, un comparto musicale da urlo o un'atmosfera che la stessa Disney ha dimenticato nelle produzioni più moderne. D'altra parte, rimodellare un gameplay così preciso per adattarlo alla pigrizia del giocatore odierno sarebbe stata un'operazione insensata. Se 20 anni tarare verso l'alto la difficoltà serviva per garantire longevità ai giochi, in un periodo in cui l'utente medio aveva poco più di 10 anni e non poteva certo permettersi la mole di acquisti a cui è abituato oggi il videogamer adulto, d'altro canto oggi che imperversa l'omologazione una voce fuori dal coro che riproponga un'esperienza alternativa a quella a cui ci hanno abituato i platform può certamente trovare una sua nicchia.